V-Dias

dal 17 giugno 2009 a seguire, Benni e Massi in vacanza ad oltranza.

lunes, 25 de enero de 2010

v como vem a puichar


A valencia si parlano due lingue. La prima, quella con la quale sono scritti i cartelli e vengono fatti gli annunci nella metro è il valenciano. Poi per chi non capisce c'è lo spagnolo.
Il valenciano al nostro orecchio è un gran miscuglio di italiano, spagnolo, francese e dialetti del nord e del sud e i alcune frasi sembra tanto ridicolo che capita spesso di farci un risata ripetendo i suoni più strani.
Questo fine settimana siamo stati a fare un'escursione sul MONT DUVER, una montagna a un'oretta da valencia nei pressi di gandia. Le nostre guide erano il solito raul e 2 suoi amici incerna e nacho più il suo pastore tedesco ORCO, tutti tranne il cane desiderosi di esprimersi in valenciano. Più che guide sono state compagni di viaggio non sapendo assolutamente nulla del percorso, non avendo cartine né bussola. Dal canto nostro si siamo avventurati in questa escursione senza nemmeno il minimo dell'attrezzatura di montagna e alla fine i piedi hanno ringraziato. Dall'alto delle varie terrazze che man mano abbiamo attraversato abbiamo potuto contemplare la piana che si getta nel mare, i campi coltivati a riso, i semprepresenti alberi di arancio e la terribile speculazione edilizia della costa. La conquista della vetta non ha dato molta soddisfazione essendo avvolta da una fastidiosa nebbiolina che rendeva lo scenario piuttosto inquietante. Comunque ORCO ci ha riportati a casa sani e salvi nonostante tutto.
Il giorno prima alla huerta ci siamo dati parecchio da fare piantando cavoli, cipolle e insalate a non finire e sradicando gli infiniti giochi di canne che reggevano fagiolini e pomodori. In una sorta di frenesia contadina ci siamo dati ad una sorta di ripulitura di una parte dell'orto potando, smontando, smezzando, raccogliendo fino all'apoteosi del fuoco finale in cui abbiamo dato alle fiamme rovi, tronchi mozzati e sterpaglie anticipando di un paio di mesi il falò de las fallas. La benni naturalmente è andata in estasi con due ore di fuoco al tramonto e una giornata con un caldo incredibile con tanto di manica corta.
In settimana, liberato dall'impegno con il calcetto, siamo tornati all'appuntamento dell'intercambio di idioma, una vera e propria scusa per conoscere gente nuova. Questo giro ci siamo trovati a csa di leire, una ragazza gallega di origine basca che da tempo conosciamo tramite il giro di couchsurfing (per chi non sapesse ancora di cosa si tratta andate sul sito couchsurfing.com). Dopo un inizio buono in spagnolo siamo velocemente passati all'inglese vista la presenza di un ragazzo di taiwan in visita a valencia che altro non parlava e l'amica di leire di chicago. È stato interessante verificare l'impaccio incredibile di italiani e spagnoli di fronte all'inglese e come ormai lo spagnolo venga automatico infilandosi in mezzo alle frasi british: I think por ejemplo...
Di taiwan abbiamo scoperto poco o niente, solo che c'è molto vento, che sono tantissimi rispetto a quanto è piccola l'isola e che si fanno biciclette e cose elettroniche. Del resto è stato molto divertente vedere la sua faccia quando salva si è presentato con un pacco di cibo cinese che anche per lui sembrava troppo impresentabile per poterlo mangiare.
Ieri siamo andati a vedere una mostra sul rinascimento aragonese e ci siamo confrontati sul fatto che l'arte che riguarda la religione sia davvero cruenta con ammazzamenti e cattiverie varie sparsi sulle tele in ogni dove. Fine serata a vedere magnolia a casa di javi (il bastardo in settimana mi ha stracciato a esquash!) e poi super kebab dai pakistani di benimaclet.
Il mese di gennaio va verso la conclusione. Un mese molto strano soprattutto per il clima che ha alternato un inverno fatidioso a momenti di vera e propria privamera anticipata (come abbiamo scritto sul profilo di skipe per fare invidia ai nostri amici). Niente a che fare con il gelo di reggio emilia ma questi sbalzi non sono stati facili da reggere, specie quando in casa fa più freddo che fuori. È stato un mese di progetti, di revisioni, di pause obbligate e in arrivo ci sono un po' di viaggi: venerdì andiamo a madrid insieme al nostro coinquilino arturo di visita a sua moglie. Saremo ospiti di un ragazzo di nome toño per tutto il week end all'insegna della solita imprevedibilitá dei surfer.
Poi il 4 si torna in italia per il quarto rimpatrio da quando siamo partiti con una puntatina a perugia a casa di jacopo fo e il solito corso a milano con la vecchia francese.
Poi ci verranno a trovare a valencia un po' di persone facendo un bel filotto fino alla fine di febbraio.
Oggi abbiamo spiegato i nostri piani futuri ad arturo che ci ascoltato con attenzione mentre mangiava la sua pizza con jamon serrano congelata.
Non so se abbia capito nel caos dei nostri piani tra case di paja, villaggi solari, viaggi, lavori da costruire, posti da esplorare: ne riparleremo.

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martes, 19 de enero de 2010

V de ¿Ves como te gusta la Òpera?

Marjolein, la mia amica belga dalle mille sorprese, mi ha mandato questo link...


 e ho finito di vederlo che ero quasi commossa. l'Opera mi ha sempre toccato molto nel profondo, da sempre rappresenta un legame con mio padre e con la bellezza, tante cose che non siamo stati bravi a dirci a voce ce le siamo passate in silenzio, seduti vicini ascoltando un cd o guardando un video, le volte che siamo stati a teatro insieme le custodisco gelosamente nei miei ricordi come le favole assurde e strampalate e piu' belle del modo che ci raccontava, a mio fratello e a me, nella penombra della nostra camera con la luce del corridoio a indicare il confine con il modo dei grandi ancora svegli e il nostro.

ieri con massi, sulla soglia della nostra camera scrutando nel corridoio alla ricerca di possibili mondi per noi, abbiamo fatto un esercizio, scrivere 10 cose positive di te stesso, punti di forza e 5 difetti, debolezze. poi fai lo stesso x l'altro. una volta terminato abbiamo confrontato i rispettivi risultati... secondo quanto e' venuto fuori da me e da lui io tendenzialmente possiedo contemporaneamente un pregio ed il corrispettivo difetto... benissimo. potrebbee essere un indizio del come mai mi senta da sempre un po' cosi' in bilico e con la difficolta' cronica di scegliere...  Abbiamo parlato parecchio e alla fine ero cosi' emozionata che mi son addormentata (chi mi conosce sa che e' una reazione vera, nessuna ironia) oggi ho ripreso in mano il mio foglietto, se faccio due colonne e divido i miei pregi e i miei difetti posso intravedere piuttosto marcatamente le parti che ho attinto da mio papa' e  quelle di mia mamma, (che sempre mi parla delle famose "meraviglie che si attaccano" lessico famigliare che invita a non stupirsi di quello che fanno gli altri visto che prima o poi farai anche tu uguale o peggio) ma se invece di colonne ne faccio 3 posso vedere che dalla base delle 2 colonne che mi hanno fornito (piu' o meno volontariamente) loro, ne ottengo al vertice una terza, quello che ho sviluppato io in esperienze ed incontri.

essere qui adesso, lontana da quanto noto, dalle persone che mi conoscono da tempo, e' un'esperienza tutta nuova, mostrarsi nuova di zecca a persone nuove,  presentarsi senza poter dare nulla per scontato a volte e' faticoso, a volte ti stanchi di rispondere sempre alle stesse domande ma una volta superate le prime 4 di rito ogni persona ti chiede qualcosa di diverso e ti spinge a rispondere, e non hai tempo di pensare, ormai lo spagnolo e' abbastanza fluido da non dover piu' prenderti il tempo per tradurre la domanda, pensare la risposta in italiano e tradurla in spagnolo di nuovo, quindi la risposta ti esce rapida, e semmai in seguito ripensando alla conversazione ti accorgi di aver detto cose che forse non pensi davvero o che invece forse le pensi ma non le avevi mai pensate prima, mai cosi' e ci vuole un piccolo lavoro per ritrovare il pensiero vecchio, avvicinarlo al nuovo e costruire un raccordo tra i due, cercando una coerenza difficile, un punto d'incontro tra quello che pensavi prima e quello che pensi ora. probabilmente questi cambi d'idea, d'opinione ci capitano continuamente ma solo non ci prendiamo il tempo di revisonare, di ridare coerenza al percorso del pensiero che si e' spinto avanti e non sa piu' come ci e' arrivato.

gia' un altro mese e' passato dal "giro di boa" e in questo mese di freddo anche qui a valencia ho avuto tutto il tempo di guardare indietro e cercare di raccordare quello che ho imparato, quello che ho perduto e quello che sto cominciando a desiderare, e quello che sto cominciando a desiderare somiglia molto, con le dovute differenze, a quello che mi e' stato dato. una vita semplice (anche piu' semplice), in un posto tranquillo e accogliente, sempre pronto alla festa ma con tanto lavoro da fare, un lavoro che non puoi quantificare e che forse nessuno vedra' per quello che e', ma che pervade chi ci vive e chi arriva della gioia e l'amore prodigato nel farlo.


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domingo, 17 de enero de 2010

V como v



Volevo intitolare questo post v como viento fuerte per ricordarmi dei 120 kilometri orari a cui ha soffiato in questi giorni sulla cittá, sradicando alberi, rovesciando cassonetti e impedendomi a tratti di stare in sella alla bici. Un vento impensabile che si è portato via il freddo degli ultimi giorni e ci ha ridato i 20 gradi incredibili dell’inverno valenciano.
Poi oggi siamo stati da raul nella casa del campo.
Abbiamo fatto una visita veloce. Il nostro amico salvador ci ha accompagnati con la macchina ricordandoci che alcasser è veramente a un tiro di schioppo da valencia mentre per noi, che ormai ci muoviamo solo a passo d’uomo e di bici, ci sembra ogni volta il viaggio della vita. Così ci siamo fatti una piccola escursione che nulla ha a che fare con i week end delle altre volte, una toccata e fuga con la solita ondata di nuove conoscenze e chiacchiere intorno alla tavola da compartire.
L’orto ha preso la forma dell’inverno e le ultime gelate hanno mandato in pensione i peperoni e le melanzane che tante volte erano finite nella paella del pranzo delle 4 del pomeriggio.
Abbiamo trovato raul, con in mano un paio di cesoie, che ci ha introdotto al lavoro della potatura: entrare nella selva di rami secchi e canne, di cui abbiamo abusato tutto l’autunno e fino a poche settimane fa, e sfoltire, tagliare, accorciare, pulire.
È stato un lavoro illuminante anche perché, alle soglie dei 32 anni, era la prima volta che prendevo in mano un paio di cesoie e per la prima volta mi ponevo il problema di come si pota una pianta. Ho scoperto, (sembra incredibile ma a volte si scoprono certe cose banali solo ad una certa etá) che ogni ramo è fatto di una quantitá enorme di V, di derivazioni che da un ramo danno origine a due e da questi ad altri due e così via, a delineare percorsi infiniti. E io con in mano le cesoie per tagliare, per scegliere quali rami fossero abbastanza robusti, scegliere quali V preservare.
E allo stesso tempo accorgermi di quanto sia semplice e anche piacevole mettersi di fronte alla pianta e cominciare questa specie di viaggio silenzioso, in cui ogni ramo ti parla di te.
La cosa interessante del lavoro nella campagna, quando è fatto non per sopravvivere ma per desiderio a volte impellente di toccare la natura, è che ti regala ogni volta una metafora molto concreta su cui cominciare a intagliare un pensiero.
Quanti rami secchi abbiamo nella nostra vita che hanno tanto bisogno di essere tagliati. Quanti bivi abbiamo incontrato e quante decisioni abbiamo preso nel dubbio di quale fosse la strada migliore. E quante volte i bivi presi sono divenuti rami secchi senza più niente da dare. Oggi ho avuto in mano le forbici per sfoltire, per rimettere in ordine.
Se prima non metti a posto, se prima non lasci non può venire qualcosa di buono, semplicemente perché per questa stagione è stato giá dato tutto quello che si poteva. E potrai ripartire dalle stesse radici, dal tronco nodoso ben ancorato al terreno per far nascere qualcosa di nuovo, a partire da quelle V lasciate per aria, quei rami oggi così piccoli e spogli, quasi ridicoli, che hanno bisogno di ricaricare le forze per ripartire.
Nel cortile ho passato poi una buona ora a ripulire i rami tagliati e a farne tanta piccola legna per accendere il fuoco, quei piccoli rami secchi che aiutano la fiamma a prendere corpo, quella legna che serve per cominciare.
Quanta confusione c’è in questi rami avvinghiati gli uni sugli altri, alcuni con ancora qualche frutto bruciato dal freddo. Sul cortile accatastati, un ammasso di sterpaglie senza senso.
Sotto il cielo che andava a scurirsi e a riprendere le forme di gennaio ho pensato a quante volte nella nostra vita ci sentiamo così, ammassati, incastrati, senza senso. E quanta pazienza ci vuole per metterci le mani dentro e rifare ordine, ridare una forma, ridare senso alle cose.
La vita del campo ha tante cose da insegnarci, a noi abitanti delle cittá trafficate e frettolose. È come se avesse incontrato un equilibrio tra la nostra ricerca più alta di pace interiore e il ritmo della natura. Purtroppo non siamo stati capaci di comprendere la ricchezza di quell’equilibrio e forse lo abbiamo perduto per sempre. Forse non siamo più capaci di recuperare quella sensazione o non siamo più in grado di rimettere semplicemente i piedi e le mani nella terra.
Ogni volta che andiamo in questo posto sentiamo qualcosa di molto potente: non penso possa essere casuale. Qualcosa di fondamentale ci deve essere e credo che sia da lì che ripartiremo, qualsiasi sia il piano per il prossimo millennio.

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caos y suerte

Prima giornata di ritorno e niente di nuovo. Al termine dell’ennesima partita vista dalla panchina il mio compagno chapu ha commentato così l’incredibile vittoria 5 a 4: somos un disastre, aquì es todo caos y suerte! Nella più incredibile confusione si è consumata anche questa gara che dalla tribuna deve essere stata anche parecchio divertente (almeno così mi dice la benni) visti i mille ribaltoni e la concitazione finale con gli avversari che a una manciata di secondi dalla sirena colpiscono 2 pali. Nella mischia furibonda davanti alla porta ci pensa poi san juan a far cadere tutti i rimpalli nei posti buoni.
Così portiamo a casa la vittoria e arriviamo a 21 punti in una posizione più che dignitosa per una neopromossa. Naturalmente non me la passo molto bene. Colleziono le mie presenze dalla panchina ma come mi insegna il mio amico mael “se non giochi, non migliori mai”. E quest’anno ho giocato davvero poco, quasi nulla.
Ho giá affrontato anni del genere e in quelle occasioni ho barattato il poco tempo sul campo con una quantitá di cose che stavo imparando che mi sono state molto utili di lì in avanti. Qui tra caos e culo mi sento che quello che potevo prendere sia stato preso in questi 5 mesi di apprendistato. Allo stesso modo comincio a sentirmi ridicolo a comportarmi come un professionista quando questo non conta nulla o assolutamente non viene compreso. È seccante vedere ogni settimana che passa una quantitá enorme di cose senza senso, quelle famose cose che sempre il mio compagno chapu mi ha ricordato “si fanno anche se si sa benissimo che non hanno senso”. Ad un certo punto mi sono chiesto se non sia allo stesso modo senza senso trovarsi all’interno di questa discussione.
Quindi l’avventura sportiva spagnola termina qui.
Non mi sento di proseguire oltre.
Non è stata un’esperienza esaltante, tutt’altro. È stata piena di frustrazioni e di magoni da mandar giù. Ha messo a dura prova la mia autostima, la mia capacitá di affrontare le difficoltá e mantenere la calma. E credo che questo sará il valore aggiunto che mi porterò dietro per la vita.
Avevo aspettative molto diverse prima di partire. Speravo di trovare qui quella professionalitá che in italia manca tanto. Invece ho incontrato una superficialitá a tratti imbarazzante e una struttura praticamente inesistente. Di certo la mia societá di approdo non ha brillato in fatto di organizzazione e di qualitá nella gestione, ma da quel che ho potuto vedere in giro siamo messi piuttosto maluccio. Eppure la spagna è il nostro faro, l’esempio da seguire e a cui ambire per trasformare il nostro calcio a 5 in uno sport più rispettabile.
Invece sono dovuto mio malgrado giungere alla triste conclusione che questo sport è ancora davvero troppo piccolo e appena nato per poter ambire a certe cose. Che per avere uno sport di livello ci vogliono persone di spessore, ci vogliono investimenti di un certo tipo, servono programmazioni, regole. E forse, nel momento in cui tutto questo fosse possibile, probabilmente io e tanti altri con me non avrebbero mai potuto giocare dove hanno giocato.
Non si può avere tutto dalla vita: abbiamo avuto un sport in cui reciclarci in tanti e giocare ai professionisti nonostante nessuno abbia mai provato a farlo davvero e a prendere le scelte che tale desiderio richiede. Non possiamo poi lamentarci di quello che abbiamo trovato.
Così non mi lamento di quello che ho trovato in spagna, dove tante cose sono invidiabili, primo tra tutti il riuscire a fare sport senza denaro con un livello comunque buono. Senza i soldi di mezzo molte cose diventano più leggere ma allo stesso modo molte cose diventano assurde perchè fanno a cazzotti con la realtá: non puoi fare un campionato nazionale come si deve se non guadagni una lira, non c’è niente da fare. Ciò che richiede un impegno grande, necessita di un riconoscimento altrimenti lo fai come viene o la fai solo per quei 2 o 3 anni che mancano alla fine dell’universitá per passarti il tempo con gli amici.
Non so se questo sará il sipario che cala sulla mia carriera sportiva. Di certo mi avrebbe fatto piacere finire in tutt’altro modo. Per ora penso possa essere interessante anche stare un po’ senza e vedere l’effetto che fa. Dopo più di 20 anni di calcio e calcio a 5 credo possa essere importante anche prendermi una pausa e vedere come si vive senza. Anche perché prima o poi bisonga appendere le scarpette. Sará un altro esercizio, mollare anche questo piccolo punto fermo che con tanta ansia mi ero costruito qui a valencia. Ma che come tutte le scelte fatte di corsa e senza tante informazioni non si è rivelata la più saggia.
Per questo non so se questa rubrica possa dirsi conclusa e se continueremo solo con i v-dias di qui in avanti.
Per ora prendiamoci una pausa.

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domingo, 10 de enero de 2010

v como volcar



Volcar vuol dire, dal minidizionario che ci siamo portati, rovesciare, capovolgere, ribaltare. Oppure ancora molestare e irritare. E sono verbi che ci stanno tutti in questo periodo di reclusione forzata in casa vista l’ondata di freddo e la mancanza di termosifoni che in questi frangenti ci costringe ad una sorta di passivitá ed immobilismo obbligati. Non che non si esca di casa ma così come il caldo torrido estivo rendeva complesso muoversi a piedi e in bicicletta allo stesso modo il vento gelido che spira da nord, fuori come in casa, spinge ad un letargo in attesa di tempi migliori. D’obbligo quindi muovere di più la testa, in una sorta di compensazione. Quindi non ci sono tante scuse.
La sensazione di fare ogni settimana di più i conti con la realtá è molto forte. Abbiamo attraversato un’estate fatta di sogni e di leggerezza ed ora finalmente torneremo a scontrarci con la durezza del mondo. Potremo finalmente diventare grandi come qualcuno giustamente mi ricordava. Il fatto sta che forse il punto non è il volere diventare grandi ma il diventarlo secondo il modello che ci viene proposto, cioè con uno stile di vita completamente sganciato dalla natura, dalla conoscenza interiore, dai rapporti umani, in un’insensata distruzione dell’ambiente e della società. E allora direi che è proprio così, che non voglio diventare grande.
Del resto non è che mi sia rifugiato nell’eroina o in una comunitá di punkabbestia e nella mia mente vi è il progetto di costruire una famiglia, una casa ed avere un lavoro. Ma non così come stavamo facendo prima. Il fatto sta che il nostro mondo fa un po’ cagare e che fin quando stai al gioco puoi giocare senza grossi problemi, al massimo senti qualche piccola nota di disgusto che prontamente sei disposto a mandar giú, a volte con l’alcol, a volte coi compromessi. Quando provi ad uscire dallo schema allora sì capisci che in realtá non hai tante possibilitá e che la ricerca sará molto più dura e faticosa. E che probabilmente non basta un anno preso per pensare per mettere a punto un progetto sensato e sostenibile. Bastasse davvere solo questo, bastasse solo mollare tutto e andarsene per ridare senso ad una vita che di senso ne ha perso così tanto. Eppure lasciare tante cose ha il suo premio che però non si misura né in euro né in oggetti tangibili. È un po’ come quel detto che recita che le cose importanti nella vita sono quelle che restano dopo un naufragio. Diciamo che abbiamo fatto un specie di naufragio programmato allora.
Tanti ci hanno detto che non avremmo trovato quello che cercavamo in spagna. In effetti la spagna ha tante cose bellissime e per un po’ credo che ci si possa cullare nell’illusione che questo sia un posto dove si possa vivere meglio. In realtá il sistema è sempre lo stesso, solo con qualche anno di anticipo o di ritardo rispetto alla disgrazia che in italia viviamo oggi. E non è una disgrazia tanto evidente se non la vuoi vedere. Giovedì ad annozero ho ascoltato una ragazza siciliana di 36 anni che parlava delle enormi difficoltá che ci sono nel mondo della scuola e nella palermo dove vive e il suo riassunto è stato esemplare: noi siamo una generazione di sfigati, che non abbiamo alcun futuro e non possiamo far altro che sperare che i nostri genitori si prendano cura di noi!
Mi è sembrata una sistesi molto netta di una condizione che ritrovo tutte le volte che discuto con amici con i quali condivido questa inquietante situazione. Da quando sono partito mi sembra di cogliere in modo tanto netto l’insoddisfazione di fondo che tutti quanti stiamo vivendo e l’impossibilitá di trovare un modo, una strada, un progetto che ci faccia respirare. Come quei giorni prima della partenza per la spagna che correndo sulla spiaggia di pinarella mi sembrava di volare.
Per questo è così difficile capirsi. Perché stiamo parlando tante volte su livelli troppo distanti, che non sono giusti o sbagliati, sono solo diversi. Qui non è in ballo la carriera, i soldi, le occasioni sprecate, qui c’è in ballo molto di più. Tante volte mi è capitato di pensare che questo viaggio sia davvero una questione di vita o di morte, nel senso più profondo che posso dare a questa frase.
Ma davvero potevo continuare a vivere come prima? Per quanto tempo ancora la mia anima me lo avrebbe permesso prima di scatenare in me una contraddizione tanto forte da mettermi ko come si deve?
Sento di non avere tante risposte. Sento però di avere tante domande e ancora un po’ di tempo per pensarci.

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Il trionfo dell'armata brancaleone


Roldan andata e ritorno. 12 ore complessive di trasferta per l’ennesimo viaggio della speranza, queste sono ormai fuor di dubbio le partite fuori casa del levante-dominicos.
Il viaggio verso roldan, paesino dimenticato dal genere umano, sperduto in una vallata a sud di murcia, comincia nell’ormai modo consueto. Ritrovo a mezzogiorno e 40 minuti minimo di ritardo. Una prassi alla quale non esiste alcun tipo di rimedio. Con una tabella di marcia giá abbondantemente impossibile da realizzare l’autista sbaglia anche l’uscita per raccattare un ragazzo in attesa lungo il percorso e così un’altra ventina di minuti ce la facciamo tra inversione di marcia, colonna in uscita vicino al centro commerciale e ripartenza. Sosta in autogrill, sempre lo stesso. Panino patate e maiale, un classico per il prepartita, di cui molti miei compagni vanno matti, pacchetto di patatine e coca cola. Menù solito quindi, questa volta però il vento gelido di questo pazzo inverno non ci ha permesso di godere l’estasi del cibo seduti nel piazzale e quindi ci siamo rifugiati all’interno per caffè, pasticcini vari, pisciata, sigaretta (si fuma ancora nei locali) e qualche commento sull’altezza delle cantanti che sfilavano sul televisore.
Ripartiamo senza una precisa tabella di marcia e senza naturalmente sapere di preciso dove si trova il campo. Sul televisore intanto scorrono le immagini di un film appena uscito: porkis 1.
Il viaggio è terrificante, come del resto tutti quelli fatti fino ad oggi con questo autobus. Più volte mi devo concentrare per cercare di non vomitare e credo che l’effetto sia condiviso visto il silenzio che regna a bordo fino all’arrivo a roldan, davvero uno dei posti più tristi nel quale abbia mai messo piede in vita mia. Di corsa nello spogliatoio, 5 minuti per cambiarci e ci gettiamo in campo quando il tabellone con il conto alla rovescia prima dell’appello segna 18 minuti. All’interno del palazzetto la temperatura è uguale a quella esterna e ho difficoltá a scaldare piedi e mani. Il riscladamento risulta praticamente una farsa e tra la nausea e il freddo davvero non so cosa sia peggio. Il mister fa un rapido discorso prepartita in cui ci dice che non abbiamo nessuna scusa e che oggi si vince! Perfetto. Dopo 6 minuti di gioco siamo giá sotto di 3, contro l’ultima in classifica che evidentemente deve aver cambiato qualcosa vista la qualitá dei giocatori e la scioltezza con cui giocano. Sará un massacro su tutta la linea con il pubblico a fare gli olè nel possesso palla finale e il vecchietto di turno che entra e fa anche gol su tiro libero nel delirio collettivo dei tifosi. Finisce 8 a 3 ma per quello che si è visto in campo poteva essere molto peggio. Da prassi me ne sto in panchina a congelarmi e il mio umore finale non è naturalmente dei migliori. Mi lavo ed esco sperando che il viaggio di ritorno si concluda il più presto possibile. Nella bulimia alimentare che si scatena in pulman recupero un panino patate e salsiccia e prima della partenza me ne sto per cazzi miei e rimirare il tramonto sulla pianura riempiendo il buco nello stomaco. Il mister, che sa cogliere le sfumature emotive come nessun altro, mi viene a dire che oggi non ho giocato perché non voleva umiliarmi visto la situazione di merda che si era creata. Così come nelle altre occasioni non voleva che fossi io a tirare fuori dai guai la squadra, così come voleva dare un’ultima possibilitá ad alcuni giocatori, e così via. Così durante il viaggio apriamo un piccolo dibattito in privato in cui gli esplicito che non sono lì per giocare per forza e che da adulti possiamo dirci le cose in faccia senza ogni volta fare questo teatro. Scopro (si fa per dire) così a distanza di 5 mesi che all’interno della societá ci sono dei problemi notevoli e che la mia presenza nella squadra è stata molto osteggiata dal direttore sportivo, nonché presidente, che non vedeva di buon occhio il mio tesseramento, sia per ragioni anagrafiche che di qualitá complessiva (anche se no so in che modo si possa essere fatto questa idea). Per questo la mia pratica di tesseramento ha avuto i noti problemi e pare anche le mie eventuali convocazioni. Ecco qui. Tutto il mondo è paese. Come da copione abbiamo croniche mancanze di comunicazione, messaggi contraddittori, segreti di pulcinella, valori inesistenti e un’organizzazione ridicola. Le conseguenze finali sono inevitabili. E mi sento ridicolo a dire al mio allenatore che non è possibile fare traferte del genere e poi pensare che non abbiamo un effetto devastante. Ma come dice il mister: el futbol sala en españa es muy malo!
E così eccomi qui a fare il bilancio di questa prima parte di campionato spagnolo: 6 convocazioni e 5 minuti giocati. Stranamente sempre presente nelle liste dei viaggi a murcia, dove puntualmente emergono gli infortunati dell’ultim’ora. Per sopravvivere devo costruirmi una speciale prospettiva che non permette alcun paragone con gli anni passati di sport in italia. Il viaggio in spagna ha tanti significati che vanno ben oltre l’aspetto sportivo. I momenti difficili iniziali mi hanno portato a ricercare in modo molto confuso un punto di appiglio rappresentato dal calcio a 5 e la scelta a posteriori è stata davvero molto sciocca visto che avevo molti elementi per scegliere meglio. Ma non è qui il punto. Il senso di avere una squadra era quello di poter vivere dall’interno come funziona qui questo sport e poter vedere in prospettiva la mia esperienza sportiva italiana per la quale da tempo nutro tanti dubbi e sento forti contraddizioni. Inoltre mi è stato di grande aiuto poter disporre di un gruppo con il quale costruire piccoli rapporti di amicizia e una sorta di ruotine data dagli allenamenti e dalle partite. E questa è la parte che ancora tiene in questa esperienza per altri versi devastante. Di certo il tutto mi sta fortificando: oggi sento di poter resistere a molte più frustrazioni di un tempo e preservare un’immagine positiva di me senza lasciarmi andare a isterismi o comportamenti scorretti.
Questi momenti di buio aiutano molto a riflettere, partendo dallo sport per allargare a molti altri aspetti della propria vita, forse perché lo sport rivela molte più cose di noi di quanto siamo disposti ad ammettere e che in altri contesti non riveliamo tanto facilmente.
E davvero mi sto chiedendo in modo molto forte cosa cerco in questo gioco e dove voglio mettere le mie energie per il futuro. Il mondo in cui viviamo mostra le sue falle in modo costante. La realtá non cambia, è la testa che deve cambiare.

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lunes, 4 de enero de 2010

V de Venir al mundo

sono stati sei mesi densi e ricchi questi ultimi, e non solo per noi!!
solo in questi ultimi 2 ci sono state tra amici e parenti 7 spettacolari new entry. un abbraccio e tanta felicita', fortuna e gioia a voi mamme e papi e piccoli . ¡¡Bienvenidos!!







v como vendran los reyes


6 gennaio alle porte e invece di calze per la befana qui si aspettano i re magi. Insieme a tutti i babbi natale impiccati, a balconi e finestre ci sono questi inconsueti trietti di piccoli personaggi che quatti quatti sembrano più intenti in un furto che non a portare doni. E le ondate migratorie degli ultimi anni rischiano di dare un’immagine molto diversa di 3 arabi che entrano di nascosto dalla finestra.
A parte gli scherzi, qui los reyes sono molto importanti e quasi quasi si va più di regali adesso che non a natale. Noi non ci siamo molto fatti coinvolgere dalle festivitá valenciane. Abbiamo passato un capodanno molto alternativo, tanto alternativo da esserci accorti di essere nel 2010 circa 20 minuti dopo che la gente per strada avesse fatto la malora allo scoccare della mezzanotte con conti alla rovescia, spumante, chicchi d’uva, urla, abbracci e auguri. “Toh, guarda, è mezzanotte e venti!” Siamo stati soli soletti in una casa di campagna dove ha soffiato per 2 giorni un vento incredibile che ha scoperchiato coppi, comignoli, vasi e semilleros. Cena con risotto ai porri, bietole dell’orto e patate cotte nel camino.
Per i re magi abbiamo fissato qualche incontro con amici che non vediamo da un po’ ma non abbiamo in programma di appendere niente da nessuna parte (ammesso che si appenda qualcosa come tradizione), né tantomeno di andare al corte ingles o ai bazar cini a comprare regali e regalini.
Chiusa la parentesi italia e chiusa la pausa delle feste si riprende con la nostra vita valenciana, fatta di tante cose strane, belle, a volte non chiare nemmeno a noi. Quest’ultima settimana è stata una overdose di progetti. I 6 mesi che restano del nostro progetto iniziale sono stati riempiti di kilometri di viaggi e di concatenamenti improbabili. Ma a forza di provare e riprovare ne è uscito fuori un piano fattibile. Adesso bisogna solo mettersi di buona volontá a cercare su internet tutte le informazioni necessarie, a mandare mail, incastrare i mezzi di trasporto e il gioco è fatto.
Valencia resta comunque la nostra base almeno fino a giugno anche se ci piacerebbe cambiare un po’ aria, partendo magari dalla casa per la quale abbiamo avviato una ricerca con tempi tecnici un po’ strettini. Non che si stia male qui ad oriols, il quartiere dove viviamo adesso, ma avvicinarci un po’ al centro della cittá e alla metro che va a casa di raul in campagna non sarebbe male. Abbiamo forse anche la possibilitá di spendere qualcosa di meno e magari di vivere da soli per provare anche questa parte. Prima però occorrerá misurarsi con il mercato pazzo delle case di valencia, in cambiamento giornaliero e con caratteristiche sempre tutte da verificare, anche perché nella miriade di annunci su loquo.com si annidano una marea di porcherie e di fregature.
Mal che vada ce ne staremo qui a mangiare el jamon serrano che ieri notte ha portato da malaga il nostro coinquilino arturo, una zampa di porco che ora giace, mezza mozzata dai tagli affilati e scomposti del coltello di cucina, dietro la porta della cucina. Con la parvenza più di deterrente ad entrare in cucina che non quella cosa buonissima che è.
Per i prossimi mesi da queste parti si avvicina il momento de las fallas, la super festa di carnevale tra le più conosciute al mondo. Le descrizioni che ci hanno fatto i sopravvissuti sono terribili, tanto che i valenciani doc nella settimana incriminata fanno di tutto per abbandonare una cittá impazzita, invivibile, invasa da orde di turisti ubriachi, di petardi e di ogni genere di attivitá molesta. Però la curiositá ci divora e faremo in modo di provare sulla nostra pelle.
Poi ci piacerebbe fare una puntatina in andalusia prima che arrivino i 50 gradi estivi. Vediamo come. Questa estate siamo andati al nord mescolando treno e autobus e non è andata male ma in andalusia le distanze sono molto grandi e non escludiamo di motorizzarci. La spagna sembra piccina ma in realtá nasconde territori sconfinati e per andare da valencia fino a siviglia ci sono quasi 1000 kilometri. Poi a giugno abbiamo pensato di andare a stoccolma a trovare le nostre amiche presidi incontrate l’anno scorso con couchsurfing. Ci hanno parlato della festa di mezzaestate e hanno fatto il grave errore di invitarci senza sapere che in qualche modo rispondiamo sempre all’invito. Abbiamo guardato sulla cartina e scoperto che la svezia sembra più un mucchio infinito di isole che non un pezzo di terra come eravamo soliti pensarla.
E poi tra un mese esatto siamo di nuovo in italia. Siamo tornati giá tante volte e questo sará il 4 ritorno in circa 8 mesi. Decisamente tanti, forse troppi perché il rischio è di vivere sospesi tra un volo aereo e un altro aumentando una scissione tanto forte tra la vita qui e la vita lá, tra due esistenze parallele vissute a 2 velocitá completamente diverse. Questo viaggio, a parte il mio ormai consueto corso a milano, ha anche altri appuntamenti. E probabilmente a reggio non pensiamo di starci molto. Stiamo provando ad organizzare una toccata e fuga alla libera universitá di alcatraz a casa del figlio di dario fo, sulle colline vicino a perugia.
I piani sono molti di più e non è facile tenerli a mente in modo sensato tutti, come non sará possibile concretizzarli completamente. Il 2010 si è presentato come una grande occasione di brainstorming in attesa di verificare che indirizzo dare allo scadere del nostro anno sabbatico. I 6 mesi precedenti ci hanno insegnato tanto, siamo fiduciosi che i prossimi facciano altrettanto.
E poi verranno i re…

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