V-Dias

dal 17 giugno 2009 a seguire, Benni e Massi in vacanza ad oltranza.

domingo, 10 de enero de 2010

v como volcar



Volcar vuol dire, dal minidizionario che ci siamo portati, rovesciare, capovolgere, ribaltare. Oppure ancora molestare e irritare. E sono verbi che ci stanno tutti in questo periodo di reclusione forzata in casa vista l’ondata di freddo e la mancanza di termosifoni che in questi frangenti ci costringe ad una sorta di passivitá ed immobilismo obbligati. Non che non si esca di casa ma così come il caldo torrido estivo rendeva complesso muoversi a piedi e in bicicletta allo stesso modo il vento gelido che spira da nord, fuori come in casa, spinge ad un letargo in attesa di tempi migliori. D’obbligo quindi muovere di più la testa, in una sorta di compensazione. Quindi non ci sono tante scuse.
La sensazione di fare ogni settimana di più i conti con la realtá è molto forte. Abbiamo attraversato un’estate fatta di sogni e di leggerezza ed ora finalmente torneremo a scontrarci con la durezza del mondo. Potremo finalmente diventare grandi come qualcuno giustamente mi ricordava. Il fatto sta che forse il punto non è il volere diventare grandi ma il diventarlo secondo il modello che ci viene proposto, cioè con uno stile di vita completamente sganciato dalla natura, dalla conoscenza interiore, dai rapporti umani, in un’insensata distruzione dell’ambiente e della società. E allora direi che è proprio così, che non voglio diventare grande.
Del resto non è che mi sia rifugiato nell’eroina o in una comunitá di punkabbestia e nella mia mente vi è il progetto di costruire una famiglia, una casa ed avere un lavoro. Ma non così come stavamo facendo prima. Il fatto sta che il nostro mondo fa un po’ cagare e che fin quando stai al gioco puoi giocare senza grossi problemi, al massimo senti qualche piccola nota di disgusto che prontamente sei disposto a mandar giú, a volte con l’alcol, a volte coi compromessi. Quando provi ad uscire dallo schema allora sì capisci che in realtá non hai tante possibilitá e che la ricerca sará molto più dura e faticosa. E che probabilmente non basta un anno preso per pensare per mettere a punto un progetto sensato e sostenibile. Bastasse davvere solo questo, bastasse solo mollare tutto e andarsene per ridare senso ad una vita che di senso ne ha perso così tanto. Eppure lasciare tante cose ha il suo premio che però non si misura né in euro né in oggetti tangibili. È un po’ come quel detto che recita che le cose importanti nella vita sono quelle che restano dopo un naufragio. Diciamo che abbiamo fatto un specie di naufragio programmato allora.
Tanti ci hanno detto che non avremmo trovato quello che cercavamo in spagna. In effetti la spagna ha tante cose bellissime e per un po’ credo che ci si possa cullare nell’illusione che questo sia un posto dove si possa vivere meglio. In realtá il sistema è sempre lo stesso, solo con qualche anno di anticipo o di ritardo rispetto alla disgrazia che in italia viviamo oggi. E non è una disgrazia tanto evidente se non la vuoi vedere. Giovedì ad annozero ho ascoltato una ragazza siciliana di 36 anni che parlava delle enormi difficoltá che ci sono nel mondo della scuola e nella palermo dove vive e il suo riassunto è stato esemplare: noi siamo una generazione di sfigati, che non abbiamo alcun futuro e non possiamo far altro che sperare che i nostri genitori si prendano cura di noi!
Mi è sembrata una sistesi molto netta di una condizione che ritrovo tutte le volte che discuto con amici con i quali condivido questa inquietante situazione. Da quando sono partito mi sembra di cogliere in modo tanto netto l’insoddisfazione di fondo che tutti quanti stiamo vivendo e l’impossibilitá di trovare un modo, una strada, un progetto che ci faccia respirare. Come quei giorni prima della partenza per la spagna che correndo sulla spiaggia di pinarella mi sembrava di volare.
Per questo è così difficile capirsi. Perché stiamo parlando tante volte su livelli troppo distanti, che non sono giusti o sbagliati, sono solo diversi. Qui non è in ballo la carriera, i soldi, le occasioni sprecate, qui c’è in ballo molto di più. Tante volte mi è capitato di pensare che questo viaggio sia davvero una questione di vita o di morte, nel senso più profondo che posso dare a questa frase.
Ma davvero potevo continuare a vivere come prima? Per quanto tempo ancora la mia anima me lo avrebbe permesso prima di scatenare in me una contraddizione tanto forte da mettermi ko come si deve?
Sento di non avere tante risposte. Sento però di avere tante domande e ancora un po’ di tempo per pensarci.

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