V-Dias

dal 17 giugno 2009 a seguire, Benni e Massi in vacanza ad oltranza.

domingo, 10 de enero de 2010

Il trionfo dell'armata brancaleone


Roldan andata e ritorno. 12 ore complessive di trasferta per l’ennesimo viaggio della speranza, queste sono ormai fuor di dubbio le partite fuori casa del levante-dominicos.
Il viaggio verso roldan, paesino dimenticato dal genere umano, sperduto in una vallata a sud di murcia, comincia nell’ormai modo consueto. Ritrovo a mezzogiorno e 40 minuti minimo di ritardo. Una prassi alla quale non esiste alcun tipo di rimedio. Con una tabella di marcia giá abbondantemente impossibile da realizzare l’autista sbaglia anche l’uscita per raccattare un ragazzo in attesa lungo il percorso e così un’altra ventina di minuti ce la facciamo tra inversione di marcia, colonna in uscita vicino al centro commerciale e ripartenza. Sosta in autogrill, sempre lo stesso. Panino patate e maiale, un classico per il prepartita, di cui molti miei compagni vanno matti, pacchetto di patatine e coca cola. Menù solito quindi, questa volta però il vento gelido di questo pazzo inverno non ci ha permesso di godere l’estasi del cibo seduti nel piazzale e quindi ci siamo rifugiati all’interno per caffè, pasticcini vari, pisciata, sigaretta (si fuma ancora nei locali) e qualche commento sull’altezza delle cantanti che sfilavano sul televisore.
Ripartiamo senza una precisa tabella di marcia e senza naturalmente sapere di preciso dove si trova il campo. Sul televisore intanto scorrono le immagini di un film appena uscito: porkis 1.
Il viaggio è terrificante, come del resto tutti quelli fatti fino ad oggi con questo autobus. Più volte mi devo concentrare per cercare di non vomitare e credo che l’effetto sia condiviso visto il silenzio che regna a bordo fino all’arrivo a roldan, davvero uno dei posti più tristi nel quale abbia mai messo piede in vita mia. Di corsa nello spogliatoio, 5 minuti per cambiarci e ci gettiamo in campo quando il tabellone con il conto alla rovescia prima dell’appello segna 18 minuti. All’interno del palazzetto la temperatura è uguale a quella esterna e ho difficoltá a scaldare piedi e mani. Il riscladamento risulta praticamente una farsa e tra la nausea e il freddo davvero non so cosa sia peggio. Il mister fa un rapido discorso prepartita in cui ci dice che non abbiamo nessuna scusa e che oggi si vince! Perfetto. Dopo 6 minuti di gioco siamo giá sotto di 3, contro l’ultima in classifica che evidentemente deve aver cambiato qualcosa vista la qualitá dei giocatori e la scioltezza con cui giocano. Sará un massacro su tutta la linea con il pubblico a fare gli olè nel possesso palla finale e il vecchietto di turno che entra e fa anche gol su tiro libero nel delirio collettivo dei tifosi. Finisce 8 a 3 ma per quello che si è visto in campo poteva essere molto peggio. Da prassi me ne sto in panchina a congelarmi e il mio umore finale non è naturalmente dei migliori. Mi lavo ed esco sperando che il viaggio di ritorno si concluda il più presto possibile. Nella bulimia alimentare che si scatena in pulman recupero un panino patate e salsiccia e prima della partenza me ne sto per cazzi miei e rimirare il tramonto sulla pianura riempiendo il buco nello stomaco. Il mister, che sa cogliere le sfumature emotive come nessun altro, mi viene a dire che oggi non ho giocato perché non voleva umiliarmi visto la situazione di merda che si era creata. Così come nelle altre occasioni non voleva che fossi io a tirare fuori dai guai la squadra, così come voleva dare un’ultima possibilitá ad alcuni giocatori, e così via. Così durante il viaggio apriamo un piccolo dibattito in privato in cui gli esplicito che non sono lì per giocare per forza e che da adulti possiamo dirci le cose in faccia senza ogni volta fare questo teatro. Scopro (si fa per dire) così a distanza di 5 mesi che all’interno della societá ci sono dei problemi notevoli e che la mia presenza nella squadra è stata molto osteggiata dal direttore sportivo, nonché presidente, che non vedeva di buon occhio il mio tesseramento, sia per ragioni anagrafiche che di qualitá complessiva (anche se no so in che modo si possa essere fatto questa idea). Per questo la mia pratica di tesseramento ha avuto i noti problemi e pare anche le mie eventuali convocazioni. Ecco qui. Tutto il mondo è paese. Come da copione abbiamo croniche mancanze di comunicazione, messaggi contraddittori, segreti di pulcinella, valori inesistenti e un’organizzazione ridicola. Le conseguenze finali sono inevitabili. E mi sento ridicolo a dire al mio allenatore che non è possibile fare traferte del genere e poi pensare che non abbiamo un effetto devastante. Ma come dice il mister: el futbol sala en españa es muy malo!
E così eccomi qui a fare il bilancio di questa prima parte di campionato spagnolo: 6 convocazioni e 5 minuti giocati. Stranamente sempre presente nelle liste dei viaggi a murcia, dove puntualmente emergono gli infortunati dell’ultim’ora. Per sopravvivere devo costruirmi una speciale prospettiva che non permette alcun paragone con gli anni passati di sport in italia. Il viaggio in spagna ha tanti significati che vanno ben oltre l’aspetto sportivo. I momenti difficili iniziali mi hanno portato a ricercare in modo molto confuso un punto di appiglio rappresentato dal calcio a 5 e la scelta a posteriori è stata davvero molto sciocca visto che avevo molti elementi per scegliere meglio. Ma non è qui il punto. Il senso di avere una squadra era quello di poter vivere dall’interno come funziona qui questo sport e poter vedere in prospettiva la mia esperienza sportiva italiana per la quale da tempo nutro tanti dubbi e sento forti contraddizioni. Inoltre mi è stato di grande aiuto poter disporre di un gruppo con il quale costruire piccoli rapporti di amicizia e una sorta di ruotine data dagli allenamenti e dalle partite. E questa è la parte che ancora tiene in questa esperienza per altri versi devastante. Di certo il tutto mi sta fortificando: oggi sento di poter resistere a molte più frustrazioni di un tempo e preservare un’immagine positiva di me senza lasciarmi andare a isterismi o comportamenti scorretti.
Questi momenti di buio aiutano molto a riflettere, partendo dallo sport per allargare a molti altri aspetti della propria vita, forse perché lo sport rivela molte più cose di noi di quanto siamo disposti ad ammettere e che in altri contesti non riveliamo tanto facilmente.
E davvero mi sto chiedendo in modo molto forte cosa cerco in questo gioco e dove voglio mettere le mie energie per il futuro. Il mondo in cui viviamo mostra le sue falle in modo costante. La realtá non cambia, è la testa che deve cambiare.

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