V-Dias

dal 17 giugno 2009 a seguire, Benni e Massi in vacanza ad oltranza.

domingo, 17 de enero de 2010

V como v



Volevo intitolare questo post v como viento fuerte per ricordarmi dei 120 kilometri orari a cui ha soffiato in questi giorni sulla cittá, sradicando alberi, rovesciando cassonetti e impedendomi a tratti di stare in sella alla bici. Un vento impensabile che si è portato via il freddo degli ultimi giorni e ci ha ridato i 20 gradi incredibili dell’inverno valenciano.
Poi oggi siamo stati da raul nella casa del campo.
Abbiamo fatto una visita veloce. Il nostro amico salvador ci ha accompagnati con la macchina ricordandoci che alcasser è veramente a un tiro di schioppo da valencia mentre per noi, che ormai ci muoviamo solo a passo d’uomo e di bici, ci sembra ogni volta il viaggio della vita. Così ci siamo fatti una piccola escursione che nulla ha a che fare con i week end delle altre volte, una toccata e fuga con la solita ondata di nuove conoscenze e chiacchiere intorno alla tavola da compartire.
L’orto ha preso la forma dell’inverno e le ultime gelate hanno mandato in pensione i peperoni e le melanzane che tante volte erano finite nella paella del pranzo delle 4 del pomeriggio.
Abbiamo trovato raul, con in mano un paio di cesoie, che ci ha introdotto al lavoro della potatura: entrare nella selva di rami secchi e canne, di cui abbiamo abusato tutto l’autunno e fino a poche settimane fa, e sfoltire, tagliare, accorciare, pulire.
È stato un lavoro illuminante anche perché, alle soglie dei 32 anni, era la prima volta che prendevo in mano un paio di cesoie e per la prima volta mi ponevo il problema di come si pota una pianta. Ho scoperto, (sembra incredibile ma a volte si scoprono certe cose banali solo ad una certa etá) che ogni ramo è fatto di una quantitá enorme di V, di derivazioni che da un ramo danno origine a due e da questi ad altri due e così via, a delineare percorsi infiniti. E io con in mano le cesoie per tagliare, per scegliere quali rami fossero abbastanza robusti, scegliere quali V preservare.
E allo stesso tempo accorgermi di quanto sia semplice e anche piacevole mettersi di fronte alla pianta e cominciare questa specie di viaggio silenzioso, in cui ogni ramo ti parla di te.
La cosa interessante del lavoro nella campagna, quando è fatto non per sopravvivere ma per desiderio a volte impellente di toccare la natura, è che ti regala ogni volta una metafora molto concreta su cui cominciare a intagliare un pensiero.
Quanti rami secchi abbiamo nella nostra vita che hanno tanto bisogno di essere tagliati. Quanti bivi abbiamo incontrato e quante decisioni abbiamo preso nel dubbio di quale fosse la strada migliore. E quante volte i bivi presi sono divenuti rami secchi senza più niente da dare. Oggi ho avuto in mano le forbici per sfoltire, per rimettere in ordine.
Se prima non metti a posto, se prima non lasci non può venire qualcosa di buono, semplicemente perché per questa stagione è stato giá dato tutto quello che si poteva. E potrai ripartire dalle stesse radici, dal tronco nodoso ben ancorato al terreno per far nascere qualcosa di nuovo, a partire da quelle V lasciate per aria, quei rami oggi così piccoli e spogli, quasi ridicoli, che hanno bisogno di ricaricare le forze per ripartire.
Nel cortile ho passato poi una buona ora a ripulire i rami tagliati e a farne tanta piccola legna per accendere il fuoco, quei piccoli rami secchi che aiutano la fiamma a prendere corpo, quella legna che serve per cominciare.
Quanta confusione c’è in questi rami avvinghiati gli uni sugli altri, alcuni con ancora qualche frutto bruciato dal freddo. Sul cortile accatastati, un ammasso di sterpaglie senza senso.
Sotto il cielo che andava a scurirsi e a riprendere le forme di gennaio ho pensato a quante volte nella nostra vita ci sentiamo così, ammassati, incastrati, senza senso. E quanta pazienza ci vuole per metterci le mani dentro e rifare ordine, ridare una forma, ridare senso alle cose.
La vita del campo ha tante cose da insegnarci, a noi abitanti delle cittá trafficate e frettolose. È come se avesse incontrato un equilibrio tra la nostra ricerca più alta di pace interiore e il ritmo della natura. Purtroppo non siamo stati capaci di comprendere la ricchezza di quell’equilibrio e forse lo abbiamo perduto per sempre. Forse non siamo più capaci di recuperare quella sensazione o non siamo più in grado di rimettere semplicemente i piedi e le mani nella terra.
Ogni volta che andiamo in questo posto sentiamo qualcosa di molto potente: non penso possa essere casuale. Qualcosa di fondamentale ci deve essere e credo che sia da lì che ripartiremo, qualsiasi sia il piano per il prossimo millennio.

Etiquetas:

0 comentarios:

Publicar un comentario

Suscribirse a Enviar comentarios [Atom]

<< Inicio