V-Dias

dal 17 giugno 2009 a seguire, Benni e Massi in vacanza ad oltranza.

domingo, 6 de septiembre de 2009

v como vilo

Ci sono delle volte in cui ti chiedi cosa ci fai in un posto. Quale strano percorso ti abbia portato a fare quello che stai facendo ora, quale serie infinita di piccoli eventi abbia determinato che ti trovassi in un certo luogo, con certe persone a condividere certe cose. E spesso si tratta di cose che solo poche settimane prima avresti considerato impossibili. Impensabili.
Mi capita spessa di fare di questi pensieri, anche perché mi trovo sempre piu’ spesso in situazioni strampalate. Ho pensato cosa ci faccio io qui molte volte da quando sono in spagna: quando abbiamo dormito in 2 in un letto singolo senza lenzuola nella casa di uno sconosciuto slovacco, nell’ascensore con adur, altro couchsurfer di pamplona da ricordare per la fiducia (“qui sono le chiavi, fate quello che vi pare di casa mia, perché io vado a dormire!”), nelle notturne stazioni degli autobus a trascinare trolley rumorosi nella notte o trangugiare inafferrabili kebab, al bar con santiago, vecchietto volontario di un’associazione, a parlare di lecce e del lambrusco emiliano, probabilmente senza capirci fino in fondo su che cos’è il lambrusco. A ripetere a tutti centinaia di volte che vengo da reggio emilia… e colmare il loro vuoto espressivo con cerca de bologna… norte de italia.. e poi aggiungere che è la cittá del queso parmesano… e li’ sentire lo stupore della scoperta.
Per strada trascinando un mobile rinvenuto nella monnezza, a cena con polacchi, spagnoli, argentini, awaiani, messicani, ancora spagnoli, francesi, italiani, venezuelani, olandesi a parlare di quanto l’italia faccia schifo ma anche gli altri paesi, che in italia ci sono tanti problemi e anche negli altri paesi, che c’è la mafia, la corruzione e il fancazzismo e anche negli altri paesi, che c’è la crisi e anche negli altri paesi (ma di piu’!).
E ancora su una bici strampalata in mezzo ad una campagna abbandonata vicino al mare, oppure insieme ad un valenciano in una specie di fuoripista lungo il fiume, in biblioteca davanti al libro di cammilleri “il perro di terracota”, sul campo di calcetto sentendo il mio compagno dire “que lastima” quando sbagliamo un gol, oppure dopo la doccia a spiegare al mio compagno che in italiano il telo da doccia si chiama telo o non tovaglia, che la tovaglia è il mantel, ma il mantello è la capa, e la capa è la jefa o al massimo la cabeza. E lui che mi risponde joder!, cioè minchia!

E ancora in spiaggia a vedere la battaglia dei mori e dei cristiani, i vecchietti che mangiano sul lungo mare con la loro mesita serale e poi giocano a domino o a pachis, per strada di notte a schivare le cucarachas che ti passano vicino ai piedi.
La sensazione di non vivere veramente quello che sta accadendo è spesso molto forte, come quella di chi guarda dalla finestra la vita di un’altra persona che procede come in un televisore.
Lo sforzo di fare presa, di riprendere possesso del proprio programma, del proprio palinsesto, del proprio spettacolo è davvero difficile. Sará la difficoltá di accettare di vivere e non solo di aspettare che qualcosa accada? Di vivere tutti i casini, tutte le lentezze, tutte le incertezze, tutte le cose andate storte, tutte le delusioni, tutte le cose sgradite che ogni giorno ti riserva, qui in spagna come da ogni altra parte nel mondo?
Prendere le distanze dal proprio paese ma prima di tutto dalla propria vita, dalla propria macchina, appartamento, lavoro, gruppo di amici, famiglia, strade, bar e paesaggi è un esercizio molto utile per vedere dove sei realmente. E la scoperta può essere molto sorprendente perché spesso non lo sai dove sei. E se non sai dove sei non sai dove vai. Capisci solo che non puoi piu’ tornare indietro come se nulla fosse. E dire, va bene, è stato tutto uno scherzo, riazzeriamo tutto. Non era sul serio.

La cosa comincia a farsi parecchio interessante.
Joder!

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