V-Dias

dal 17 giugno 2009 a seguire, Benni e Massi in vacanza ad oltranza.

domingo, 14 de febrero de 2010

v como voltear

Voltare, girare, capovolgere, rotolare, cambiare, mutare, volteggiare.
Curioso come ognuno di questi significati rispecchi una parte di come mi sento oggi. Nelle sfumature più forti e dure e in quelle più delicate e leggere.
Di ritorno dall’italia ci siamo portati una gran dose di stanchezza, frutto dei giorni fitti fitti di incontri, di parole, di persone e di poche ore di sonno. Una dose continua di scambi intensi vissuti come dentro ad una bolla di tempo e di spazio, al limite tra la realtá e l’immaginazione.
Abbiamo caricato una valigia di emozioni da rivedere e sistemare in questo tempo prezioso di valencia. Ho realizzato che valencia potrebbe essere qualsiasi altro posto nel pianeta e davvero ogni volta si sposta nella mia percezione la sua distanza dal resto del mio mondo conosciuto. Si è trasformata lentamente in una dimensione parallela dove le regole sono diverse, dove le prioritá sono altre, dove l’orologio ha altri ritmi e dove certe cose toccano con nuova intensitá.
Valencia è diventato più un luogo della mia mente che non un luogo fisico, uno spazio di sosta, di pausa dove covare un cambiamento altrimenti impossibile.
Da questo punto di osservazione reggio sembra non solo avvolta dalla sua cappa di nebbia e di freddo, ma da una costrizione ben più ombrosa in cui sembra che le vite di tutti si affannino a trovare una pace difficile. Forse è solo la realtá che è così dura e spietata. Forse no. Forse semplicemente in questo angolo di pianura padana siamo andati fuori rotta e vaghiamo sospesi senza più una direzione. Ma reggio emilia è solo un esempio che probabilmente è comune a tanti altri posti: seguendo uno stile di vita “normale” avremmo facilmente ritrovato anche qui nel levante spagnolo le stesse contraddizioni.
Un altro paio di voli aerei hanno scandito questo ennesimo passaggio in cui ogni volta lasciamo e ritroviamo spagna e italia con uno sguardo nuovo.
L’aeroporto di bologna ci ha salutato sotto una pioggia di ghiaccio. All’arrivo abbiamo ritrovato ancora una volta il cielo spalancato di azzurro: mi piace vederla come una metafora della nostra ricerca di aria nuova, di spazi e orizzonti da respirare. Non solo come la logica conseguenza di latitudini e geografie diverse.
In questo senso il nostro “ritorno per sempre” (così comincia a circolare nelle domande di parenti e amici) non trova risposte. Non solo perché davvero ancora non sappiamo come tradurre in pratica ció che abbiamo imparato in questa esperienza, ma anche perché sia la parola ritorno che la parola per sempre diventano tanto inconsistenti quanto prive di significato. Mi fanno pensare tanto ad una specie di salto indietro, di impossibile tornare a prima che tutto questo cambiamento prendesse piede per immobilizzarlo lì, come se nulla fosse mai accaduto.
Quando ti spogli di tante parti che riempiono il tuo piccolo mondo ti accorgi di quanto siamo piccoli di fronte alla vita, di quanto siamo fragili e protetti da spanne di illusioni. La spagna è divenuta il banco di prova dove esercitare questo svuotamento e prendere coscienza di questa così evidente veritá.
Mi porto dentro l’immagine del suonatore di tamburo gigante giapponese che rappresenta tanto bene la mia idea di uomo di fronte al mistero dell’esistenza. In piedi a combattere contro qualcosa di grande. Sfinito, provato, preso nella sua battaglia sostenuta da una resistenza incredibile. Capace al contempo di creare in questa lotta un ritmo vitale.
Ricordo, quando qualche mese fa abbiamo visto a teatro questa scena, la platea alzarsi in piedi in un applauso infinito, forse senza nenche capire perché, ma con la fortissima sensazione di aver assistito a qualcosa che ci accomuna tutti.

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