V-Dias

dal 17 giugno 2009 a seguire, Benni e Massi in vacanza ad oltranza.

miércoles, 7 de abril de 2010

v como ...


Trasloco fatto!
Primo di una lunga serie, o forse dovrei dire l’ultimo di una lunga serie fino ad ora. Evidentemente abbiamo avuto bisogno di un tempo in questi anni per stare senza casa e vivere un nomadismo che ha il sapore della ricerca. Come dice la vecchia jaqueline, la ricerca della casa interiore. Chissà.
Gli ultimi pezzi di mudanza si sono moltiplicati la notte prima di lasciare il piso di valencia, raddoppiando nelle dimensioni, nel peso, nell’ingombro. Oggetti fino ad allora invisibili hanno preso forma ricordandoci che avevamo una stufa, un bollitore, panni sporchi, asciugamani. Il viaggio con bici e zainetto si è così trasformato in un doppio viaggio con bici e zainetto e 2 mega borsoni. Fantozzianamente abbiamo reso possibile l’impossibile, dal percorso in bici fino alla metro carichi come muli, la doppia discesa in ascensore, il tragitto nel vagone abitato di passeggeri incuriositi dal nostro ingombrante bagaglio. Con sveglia alle 9 e colazione veloce, abbiamo concluso il tutto alle 4 del pomeriggio, con pranzo rapido con tutto ciò che avanzava in frigo e in dispensa: fagioli, gelato, un pezzetto di pecorino, un’arancia, un biscotto 3 fette biscottate, due bicchieri di succo di mela, una fetta di torta alla pera. Il granizado al limone è andato in omaggio ad alejandro.
Da tempo non venivamo ad alcasser , a la huerta di raul. Stare lontani da questo posto crea una specie di amnesia rispetto all’effetto che ha sulle persone, rispetto a quello che produce il solo transitare da queste parti. Si attiva una speciale trasformazione graduale e inconsapevole, a partire da quella strana sensazione di ampio, di largo respiro che è un cielo sterminato sopra la campagna. “certo che qui ad alcasser c’è casino di cielo” ha detto la benni mentre ci avvicinavamo alla casa di raul.
Il ritmo qui è completamente diverso e le giornate seguono una scansione regolata dalla luce del sole. Le ore non vengono scandite dall’orologio (è impossibile trovarne uno alle pareti) o da impegni di qualsiasi tipo; solo la fame, il freddo o il caldo, la stanchezza, il sonno, il desiderio di fare altro o fare niente. Sempre la vecchia jaqueline parlava al riguardo del ritmo dell’eternità. Solo stando qui ho potuto riconsiderare cosa intendesse dire.
La nostra nuova stanza è un altillo, una specie di piano a castello, costruito con assi di legno abbandonate, senza parapetto dai lati e una scaletta con 3 gradini per scendere e salire. Tutti i nostri averi sono concentrati in questi 5 metri quadrati, vestiti, materasso, libri, computer e cazzate varie comprese. Ennesimo esercizio di essenzialità. E non è mai abbastanza: la trappola dell’accumulo e dell’allargarsi è sempre perennemente in agguato.
Abbiamo lavorato nell’orto facendo un po’ di tutto: seminare, trapiantare, montare impalcature per pomodori con vecchie reti di letto, innaffiare, invasare, posizionare gomme e canne di fiume.
Nel frattempo la casa si muoveva tra le lunghe preparazioni dei pasti, le lente chiacchiere a tavola, le prove di teatro di jimena e elena, le nuove coinquiline di questi giorni. Ma qui davvero passa di tutto. Ogni giorno arrivano, si fermano e se ne vanno persone di ogni tipo. Un richiamo silenzioso attrae le persone a questa catapecchia arrangiata alla meglio, proprio come d’inverno, sulla deserta riviera romagnola, si vedono arrivare in spiaggia alla spicciolata coppiette e passeggiatori solitari a rimirare il mare.
Che strana sensazione si respira.
Pensare cosa si può fare con così poco.

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